postindustriali

La nozione di postindustriali indica una fase della modernità in cui l’economia e la società spostano l’asse dalla produzione manifatturiera verso servizi, conoscenza e tecnologie dell’informazione. Il valore economico si concentra in settori come i servizi avanzati, la ricerca, l’istruzione, l’informatica e la finanza, piuttosto che nella semplice produzione di oggetti. Il termine descrive prevalentemente gli sviluppi delle economie sviluppate dopo la rivoluzione industriale.

Il concetto nasce nel XX secolo; Daniel Bell, nel 1973, descrisse una “società postindustriale” in cui il lavoro manifatturiero si riduce a favore di professioni legate all’informazione e alla gestione. Da allora il tema è stato usato per descrivere trasformazioni in Occidente e altrove: deindustrializzazione, globalizzazione, reti digitali e automazione, con impatti diffusi su reddito, occupazione e organizzazione sociale.

Le caratteristiche principali includono l’espansione del settore terziario e dei servizi legati alla conoscenza, lo sviluppo di industrie creative e tecnologiche, l’aumento del lavoro intellettuale e l’importanza di ricerca e innovazione. La produzione materiale resta presente ma è frequentemente ristrutturata, spesso trasferita a catene globali del valore, e si accentuano nuove forme di lavoro flessibile e competenze digitali. Si assiste anche a una maggiore dipendenza da infrastrutture informatiche e reti.

Impatti e politiche: lo sviluppo postindustriale modifica l’organizzazione territoriale, con hub tecnologici che emergono in alcune aree e deindustrializzazione in altre. Richiede politiche di istruzione continua, infrastrutture digitali, sostegno all’innovazione e tutela del lavoro. Le dinamiche variano tra paesi e regioni; alcune economie mantengono settori industriali avanzati, altre sono fortemente orientate ai servizi e alla conoscenza.