bioassorbibili

Bioassorbibili, o materiali bioassorbibili, sono materiali progettati per essere progressivamente spezzati e riassorbiti dall’organismo dopo l’impianto, eliminando la necessità di rimozione chirurgica. Vengono impiegati principalmente in campo medico per suture, dispositivi di fissazione, sistemi di rilascio di farmaci e come supporti per l’ingegneria tissutale.

Degradazione e biocompatibilità avvengono tipicamente per idrolisi o per processi enzimatici, generando prodotti metabolizzabili che vengono eliminati tramite i normali percorsi fisiologici. I tempi di assorbimento variano da settimane a mesi o persino anni, a seconda della composizione, della geometria e delle condizioni biologiche locali. L’andamento della degradazione va bilanciato con le esigenze meccaniche dell’applicazione e con la risposta infiammatoria possibile.

I materiali più comuni includono polimeri sintetici come l’acido polilattico (PLA), l’acido poliglicolico (PGA) e i copolimeri PLGA, nonché poliolefinici come il poli(caprolactone) (PCL). Esistono anche biomateriali naturali, quali collagene o chitosano. In alcuni casi si impiegano anche ceramiche bioattive o ibridi. I sistemi biologici possono essere impiegati per suture riassorbibili (es. poliglactina), dispositivi di fissazione riassorbibili e impasti per sostegno tissutale.

Vantaggi principali includono l’eliminazione della seconda procedura di rimozione, riduzione della permanenza di corpi estranei e potenziali costi complessivi inferiori. Limitazioni comuni riguardano la resistenza meccanica e la gestione del tasso di degradazione, la possibilità di risposta infiammatoria e i costi di produzione e sterilizzazione. Gli elementi bioassorbibili sono regolati secondo standard internazionali e requisiti di marcatura per dispositivi medici, con sviluppo che punta a profili di degradazione sempre più prevedibili.